CIBO E LUTTO NELLA LETTERATURA DELL'EMIGRAZIONE

2010 
Il cibo, come e noto, e alla confluenza di una catena non solo di processi naturali, storico-economici, geografici, ma anche culturali. Il paragone con il linguaggio, che da Levy-Strauss in poi e diventato paradigma critico ormai acquisito, si fonda sui valori simbolici di cui entrambi i sistemi sono portatori: «esattamente come il linguaggio, la cucina contiene ed esprime la cultura di chi la pratica, e depositaria delle tradizioni e dell’identita del gruppo»; costituisce «uno straordinario veicolo di auto-rappresentazione e di comunicazione» (Il mondo…: VII); non solo e strumento di identita culturale e di autorappresentazione, ma anche di contatto e di scambio con culture diverse (Montanari. Il cibo…: 153). Tutti questi indicatori acquistano un ruolo moltiplicatore nella condizione dell’emigrato 1 , in cui il cibo e peculiare strumento di riconoscimento e rafforzamento di legami e identita comunitarie (Valeri 358), un «potente elemento evocativo» di differenza etnica e di rifiuto generazionali (Cinotto 44). Se e vero che il cibo nelle rappresentazioni letterarie puo assumere diverse funzioni ‐ realistiche o mimetiche, narrative, connotative, semantiche 2 ‐ ancor piu ne assume nelle scritture dell’emigrazione in cui la tassonomia di valori antropologico-culturali e simbolici collegati al cibo ha un investimento di largo e distintivo spettro. Nel primo tempo della letteratura italiana dell’emigrazione, a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, ma con significative repliche anche in quella dei decenni successivi, prevalgono una percezione e una rappresentazione segnate dal paradigma del lutto: emigrazione come lacerazione, viaggio verso l’ignoto,
    • Correction
    • Cite
    • Save
    • Machine Reading By IdeaReader
    8
    References
    0
    Citations
    NaN
    KQI
    []