Proto-tipo per la musealizzazione e protezione dello scavo archeologico. Principi teorici e operativi

2020 
Una rinnovata sensibilita nei confronti dell’antico ha portato alla crescita, accelerata negli ultimi cinquant’anni, del dibattito sul futuro del passato, soprattutto in riferimento all'architettura. Un proto-tipo, un modello teorico, prima ancora che pratico, di un sistema espositivo immaginato per i luoghi dell’archeologia, che, attraverso la fruizione dei cantieri e la protezione durante l’attivita di scavo, e traduzione di una intesa possibile tra le discipline dell’archeologia, dell’architettura e delle ingegnerie. Una riflessione che prende forma attraverso un dialogo immaginato tra Andrea Carandini e Franco Minissi. Il primo, testimone di quella complessa struttura che e l’indagine archeologica, e precursore, artefice e convinto sostenitore di un rinnovamento del fare ricerca, soprattutto sul campo, in archeologia. Il secondo, chiamato a confrontarsi e a interpretare in modo nuovo la relazione complessa tra il contemporaneo e tutto quello che lo ha preceduto, a stretto contatto con l’Istituto Centrale per il Restauro nel Secondo dopoguerra, inventa il concetto di Musealizzazione in situ traducendo questo tema nelle forme dell’architettura attraverso una cieca fiducia nei confronti della tecnica e dei nuovi materiali. Cosi, in ambito italiano, le ferme riflessioni di Carandini e della sua Scuola e le audaci sperimentazioni di Minissi condurranno al riconoscimento del luogo e del tempo del cantiere come protagonista strategico di questo discorso e di questa interpretazione, come lo e in altre discipline, dove l’archeologia e l’architettura non sono cosi distanti. Da queste premesse, lo svolgimento della relazione tra un tema e la sua necessita porta al bisogno di individuare un caso concreto su cui concentrarsi. La scelta del caso, a fronte di vari ripensamenti, diventa la metodologia per giungere a immaginare una traduzione possibile, la ricerca delle forme convenienti per un cantiere aperto, che non si preoccupano ancora di interpretare il sito, ma si occupano di renderlo, attraverso la sua fruizione, luogo di esposizione e di apprendimento. La scelta e ricaduta su una porzione di tessuto residenziale romano ad Aquileia, il cui scavo e stato concluso a piu riprese, cosi come si e soliti fare. Uno svolgimento che e stato immaginato e condotto, sin dal principio, secondo un doppio registro teorico e pratico che nel confondersi, si rende disponibile oltre ad una lettura discorsiva e consequenziale, a due letture indipendenti e, per certi versi, episodiche. Dell’antico si riconosce il valore, la scoperta, la custodia, la tutela, la protezione. Due approfondimenti necessari riportano alla contemporaneita e si occupano l’uno della conoscenza dell’antico oggi, legata alla ricerca archeologica e alla sua metodologia con i suoi mutamenti e l’altro della comunicazione dell’antico, ancorata invece all’interpretazione dei significati attraverso la definizione di una antologia critica di architetture costruite per l’archeologia e di alcuni progetti rimasti sulla carta. La centina teorica che racconta le questioni metodologiche della ricerca e la loro connessione e dipendenza dalle contingenze storico-politiche e sociali e costruzione necessaria per l’arco che, in questo contesto, si traduce nella variazione della pratica dello scavo, nell’interpretazione del sito, nel riconoscimento di una insufficienza – oggi – nel rapporto con il tempo, nelle forme del progetto di architettura a servizio dell’archeologia, e la ricerca degli elementi necessari organizzati nel modo migliore per perseguire il fine ultimo della diffusione della cultura nel momento in cui si sta costruendo.
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