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LO SPAZIO DELLA MEDIAZIONE

2003 
Giustizia sostanzialista e giustizia formalista: la prima e ‘antica’, la seconda ‘moderna’. In una societa tradizionale, ancora priva della separazione tra diritto e morale, l’ ethos violato richiede di essere rapidamente ripristinato. Che cio avvenga per mezzo di una ritorsione privata o tramite un ‘giudizio’, l’importante e disporre di un capro espiatorio da sacrificare sull’altare dell’Ordine del gruppo. Non vi e problema di prove e cautele procedurali, perche la sentenza e la pena sono note fin dall’inizio: esse sono in qualche modo consustanziali alla violazione stessa. Lo si puo vedere ancora oggi nei regimi politici in senso lato integralisti, dove esiste una contaminazione sistematica tra diritto e morale sociale ‘ufficiale’: nei luoghi dove una sola cosa puo essere detta, l’esibizione di facciata della razionalita procedurale serve soltanto ad avallare giuridicamente cio che e gia stato deciso politicamente. Noi moderni da tempo cerchiamo (almeno pubblicamente) di ripudiare questa concezione di giustizia. Non volendo (o non potendo) sapere cosa sia ‘giusto’ in senso sostanziale, abbiamo escogitato complesse metodiche procedurali-formali volte a produrre la cosiddetta ‘verita processuale’; pallido riflesso – ma l’unico umanamente accessibile – dell’idea di giustizia. In altri termini, mentre ci teniamo a distanza dall’oggetto pericoloso e desiderato, tentiamo tuttavia nostalgicamente di comportarci come se fosse ancora raggiungibile; sia pure per altre vie. Situazione spesso spiacevole e problematica, almeno sul piano psicologico. Se infatti dal punto di vista istituzionale e ordinamentale il passaggio dalla prima alla seconda nozione di giustizia appare come un’evoluzione improbabilmente reversibile, a livello psicologico individuale i due modelli spesso convivono ancora conflittualmente: si pensi al dilemma tra ‘cosa e giusto fare’ e ‘cosa ho il diritto di fare’. La nozione sostanzialista di giustizia tenta ancora di far valere i propri diritti contro quella formalista; il sottofondo istintuale dell’esperienza giuridica cerca di rompere gli argini di razionalita – tutto sommato piuttosto recenti – entro cui e stato imbrigliato. Anche la nostra cultura appartiene da tempo al gruppo di quelle che hanno deciso di delegare la gestione dei conflitti sociali al diritto e ai suoi strumenti formali di decisione delle controversie. Non importa se di civil o di common law , se ‘accusatori’ o ‘inquisitori’, i nostri sistemi giuridici ci sembrano i soli capaci di garantire la pace e l’ordine, scongiurando al tempo stesso la necessita di ricorrere a interventi di controllo eccessivamente repressivi, o addirittura totalitari.
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