The afterlife of the Porticus Aemilia

2018 
I resti della Porticus Aemilia hanno caratterizzato nei secoli, insieme al Monte Testaccio e alle Mura Aureliane, il paesaggio della pianura subaventina, racchiuso tra le vie Florio, Branca, Rubattino e Vespucci. Tra il 2011 e il 2013, all’interno di un progetto di ricerca e valorizzazione coordinato dalla Soprintendenza, sono state effet-tuate tre campagne di scavo. Le indagini, in collaborazione con il KNIR, hanno permesso di acquisire nuovi dati sulla la vita e le modificazioni dell’edificio nel corso dei secoli. Secondo le fonti letterarie (Liv. 35.10.12; Liv. 41.27.8) nel 193 a.C. gli edili curuli M. Aemilius Lepidus e L. Aemilius Paulus promossero nell’area libera della Piana Subaventina, la realizzazione di un nuovo porto fluviale (Emporium) e di una grande costruzione ad esso connessa, la Porticus Aemilia; i lavori per l’edificazione di tale struttura si conclusero probabilmente attorno al 174 a.C. ad opera dei censori Q. Fulvius Flaccus e A. Postumius Albinus. Tradizionalmente identificato come edificio di stoccaggio, la Porticus e stata oggetto negli anni di altre proposte interpretative e funzionali, fra cui quella di struttura connessa ai controlli fiscali sugli approvvigionamenti e quella di darsena militare sul Tevere (Navalia). Lo scavo non ha incontrato i livelli repubblicani, probabilmente asportati in antico, ma ha potuto documentare l’architettura dell’edificio originari. La Porticus Aemilia venne interessata da ristrutturazioni, tra la fine del I d.C.-inizio del II sec. d.C. e il III d.C., volte a suddividere le navate in vani piu piccoli, destinati probabilmente allo stoccaggio o ad attivita manifatturiere. Tra la fine del IV d.C. e il VI d.C., la piana subaventina subi un processo di “ruralizzazione” e gli edifici furono progressivamente abbandonati. Anche la Porticus Aemilia subi lo stesso destino, come testimoniano i crolli rinvenuti nel corso degli scavi e le sepolture in anfora addossate alla struttura. Durante il lungo periodo di abbandono l’edificio, ridotto a rudere, si integrava nel paesaggio medievale e rinascimentale della piana, costituito prima da spazi rurali adibiti a orti e giardini suburbani e poi da vigneti e frutteti. Tra la fine del 1800 e il 1900, quando l’area subi un nuovo processo di edificazione con la costruzione del quartiere popolare, i resti della Porticus accolsero nel tempo una vetreria, di cui resta traccia nei molti reperti rinvenuti durante gli scavi, ma anche un deposito di acque minerali e persino una carrozzeria, cadendo nell’incuria e nel degrado fino al recente recupero. E parte del Museo Diffuso del Rione Testaccio, che comprende anche il Mercato di Testaccio e l’Emporium.
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